Francy, una ragazza ribelle e un sogno da realizzare: “Voglio lavorare nella moda”

Ciao Francesca, che piacere! Finalmente è arrivato il momento di ufficializzare la nostra conoscenza e di farti conoscere a chi ancora non ha avuto questa fortuna. Pronta con l’intervista?
Ma prima, lasciami fare una piccola premessa: innanzitutto ti ringrazio per la pazienza, la disponibilità e l’entusiasmo che hai avuto quando ti ho contattata. Non è mai facile parlare di sé e condividere con gli altri lati nascosti del nostro essere. Sei davvero una donna tosta!

Ci racconti un po’ di te? Scegli tu come presentarti.

Francesca e il sogno di lavorare nella moda

Sono Francesca, ho 19 anni e sono all’ultimo anno delle superiori, dove studio lingue come cinese, inglese e spagnolo. La scuola non mi piace particolarmente, ma cerco comunque di dare il massimo e ottenere buoni risultati. La mia vera passione, però, è la moda. La vedo come un potente mezzo per mostrare al mondo che ogni corpo è unico e bellissimo. Credo fermamente che la bellezza non abbia standard e che la moda debba essere accessibile a tutti. Il mio sogno è diventare una modella, anche in carrozzina e con un respiratore, per dimostrare che anche i corpi diversi meritano una rappresentazione. Voglio contribuire a una rivoluzione nel mondo della moda, combattendo gli standard rigidi e poco inclusivi che ancora oggi dominano il settore.

Ho notato che sei molto attiva sui social, come è iniziata la tua avventura e cosa ti ha spinto a condividere la tua storia e la tua quotidianità?

Ho iniziato a condividere la mia vita sui social perché credo che sia importante far capire che la disabilità non è una tragedia o qualcosa di “sbagliato”. Avere una carrozzina o un respiratore non rende la mia vita meno significativa di quella di chi cammina sulle proprie gambe. Anzi, voglio mostrare che queste differenze non ci rendono inferiori, ma semplicemente diversi.

Parlo anche di temi LGBT, come l’identità di genere, perché mi toccano da vicino: sono una persona non-binary, il che significa che non mi identifico nei generi tradizionali di uomo o donna. Purtroppo questa parte di me è spesso sottovalutata, come se una persona disabile “non potesse permettersi di essere anche altro”. Mi sono sentita dire cose come: “Anche questo? Non ti bastava essere disabile?” o “È solo una fase”. Sono frasi che feriscono e dimostrano quanto sia difficile accettare l’identità di chi, come me, non rientra negli schemi.

Condivido tutto questo, insieme alla mia passione per la moda perché voglio abbattere pregiudizi e stereotipi, mostrando che si può vivere la propria autenticità senza chiedere il permesso a nessuno.

Hai raccontato di avere una malattia rara e come tale poco conosciuta, la miopatia nemalinica, diagnosticata quando avevi un anno e mezzo, puoi dirci qualcosa di più?

La miopatia nemalinica è una malattia rara, caratterizzata da debolezza muscolare generalizzata, e ipotonia. Per me, compiere azioni come sollevare più di mezzo chilo, è difficile. Durante l’infanzia, grazie a terapie costanti, sono riuscitә a camminare e la malattia era meno evidente. Tuttavia, all’età di 8 anni, due pneumotoraci, causati da un errore nell’uso di una macchina della tosse, mi hanno costrettә a lunghi mesi in rianimazione. Durante quel periodo, i miei muscoli non si sono più ripresi.

francesca e la miopatia nemalinica

Da allora, non ho più potuto camminare e ho sviluppato una grave rotoscoliosi che non è stato possibile correggere chirurgicamente. Nonostante tutto, non ho mai vissuto la carrozzina come una disgrazia. Camminare non era mai stato naturale per me, quindi il passaggio è stato più semplice di quanto si possa pensare. Negli ultimi anni ho deciso di iniziare a utilizzare il respiratore polmonare per migliorare la mia qualità di vita.

Questa esperienza mi ha insegnato a non definirmi attraverso la mia malattia e a non farmi limitare da ciò che gli altri considerano una tragedia. Inoltre, ho scritto un manoscritto sulla mia vita: racconto anche di questi aspetti e del mio percorso personale. Deve essere ancora pubblicato.

Nei tuoi video hai raccontato delle difficoltà a scuola, in cosa non ti sei sentita supportata.

L’ambiente scolastico è spesso pesante e avvilente per chi, come me, vive una condizione di disabilità. La scuola parla di uguaglianza, ma nei fatti non garantisce le condizioni per vivere questa uguaglianza. Ho riscontrato più difficoltà con i professori che con gli studenti, che invece sono spesso più aperti e disposti a comprendere.

Tra i problemi principali c’è l’assenza di abbattimento delle barriere architettoniche. Ad esempio, non mi è permesso andare a scuola in autonomia perché la presenza di un’assistenza infermieristica specializzata è considerata obbligatoria a causa della mia tracheostomia e del respiratore. Questo è frustrante perché limita la mia indipendenza.

Non ci sono bagni accessibili, non posso partecipare alle assemblee di istituto perché gli spazi non sono adatti, e spesso i professori stessi ignorano i miei bisogni. Ad esempio, l’ascensore viene occupato da loro senza considerare il mio diritto di priorità. Mi capita di arrivare tardi in classe, ma non è visto come un problema, mentre se lo stesso accade a un alunno normodotato, la reazione è diversa.

Inoltre ci sono molte barriere mentali abiliste. L’idea di un alunno disabile viene spesso associata a fragilità o incapacità, quando in realtà vorremmo solo essere trattatә come tuttә le altrә. Questa ipocrisia e mancanza di supporto rende l’esperienza scolastica molto più difficile di quanto dovrebbe essere.

Sei giovanissima, hai 19 anni, tanti traguardi da realizzare e un sogno nel cuore, lavorare nella moda. Nonostante i rifiuti da parte delle agenzie di moda, non vogliono una modella in carrozzina, continui a non arrenderti. Perché?

Quando hai un sogno non puoi permetterti di arrenderti, neanche di fronte agli ostacoli più grandi. Per me, più qualcosa sembra impossibile, più sento il bisogno di provarci. Lavorare nella moda non è solo un desiderio personale, ma una vera missione: voglio cambiare il modo in cui il mondo vede i corpi, specialmente quelli delle persone con disabilità.

modelle in carrozzina: sarà francesca la prima?

Essere una modella in carrozzina, con un ventilatore e fierә di essere non-binary, rappresenta tutto ciò che credo: la moda dovrebbe includere e celebrare ogni corpo, ogni identità. Ogni volta che mi dicono “no”, capisco che è proprio questo il sistema che voglio rivoluzionare. Non mi arrendo perché il mio sogno non riguarda solo me, ma tutte quelle persone che non si sentono rappresentate o accettate così come sono.

Parli tanto di “abilismo” e di barriere architettoniche, cosa vorresti che capissero gli “abili”?

L’abilismo è ovunque, come il sessismo o l’omofobia. Non è solo una questione di barriere fisiche, come una scala o un bagno non accessibile, ma è anche nelle persone che pensano che io non sia in grado di decidere per me stessa o di vivere una vita piena. Quando incontro qualcuno che si sorprende che io studi, che abbia sogni o ambizioni, o che mi chiede se ho un tutore legale, mi sento ferită. È come se mi togliessero valore solo perché il mio corpo funziona diversamente.

Vorrei che gli “abili” capissero che non abbiamo bisogno di compassione, ma di rispetto e parità, che non siamo “eroi” perché viviamo la nostra vita, ma persone normali che vogliono opportunità normali. Se si smettesse di considerare la disabilità come un limite insormontabile o come qualcosa da “compatire”, il mondo sarebbe un posto migliore per tutti.

Condividi molti momenti della tua vita, alcuni anche molto forti, con una grinta incredibile. Dove prendi tutta questa forza?

A dire il vero, non mi considero particolarmente forte. Mi sento dire spesso che sono “coraggiosә” o “inspira qualcunә”, ma per me vivere con la mia disabilità è normale, è semplicemente la mia vita. Non è sinonimo di forza, è solo il mio modo di affrontare il mondo.

la grinta di francesca

Forse quello che mi spinge a condividere è il desiderio di far capire che la disabilità non è un dramma o una tragedia, ma un aspetto della mia vita che non mi definisce completamente. Se questa normalità ispira qualcuno a vedere le cose in modo diverso, allora sono felice di poter fare la differenza.

Sei una ragazza molto amata, hai tanti amici e una famiglia solida alle spalle che ti aiuta e ti supporta nelle tue scelte, cosa vorresti dire ai ragazzi della tua età?

Non mi piace parlare troppo della mia famiglia perché la mia esperienza è molto diversa da quella che ci si aspetta. La mia vera famiglia, quella che mi sostiene ogni giorno, sono le mie assistenti e infermiere, che sono state una guida costante nella mia vita. E poi c’è la mia migliore amica, che è la mia luce. Lei è la persona che mi ha tiratә fuori da momenti bui, che non riguardavano tanto la mia disabilità ma le difficoltà emotive e personali che ho affrontato.

Ai ragazzi della mia età vorrei dire di non arrendersi mai davanti ai propri sogni, anche quando sembrano impossibili. Vorrei dire anche di essere sempre inclusivi perché il mondo diventa più bello quando accogliamo la diversità, invece di temerla o giudicarla. Il cambiamento inizia da noi, ed è fondamentale che siamo noi a costruire un futuro più giusto e rispettoso per tuttә.

Quali sono le difficoltà che incontri ogni giorno?

Le difficoltà più grandi che incontro non sono solo quelle fisiche, come le barriere architettoniche, ma quelle mentali: i pregiudizi e gli stereotipi che molte persone hanno nei confronti della disabilità. È frustrante dover dimostrare continuamente di essere capace, di essere indipendente, solo perché qualcuno pensa che io non possa vivere una vita piena come chiunque altro.

Ad esempio, quando per strada mi chiedono: “Ma esci da sola? Puoi farlo?”, mi viene da sorridere perché è una domanda che parte da un’idea sbagliata. E allora rispondo con ironia: “Certo, perché non dovrei?”. È attraverso queste piccole risposte che cerco di combattere le barriere mentali, mostrando che non sono le ruote sotto di me a definire ciò che posso o non posso fare, ma la mia volontà.

C’è una frase o una domanda che avresti voluto sentirti dire ma che nessuno ha avuto mai il coraggio di farti?

Sì, mi sarebbe piaciuto sentirmi dire: “Tu puoi, perché non hai nessun limite. Segui il tuo sogno”. È una frase che avrei voluto ascoltare soprattutto nei momenti in cui mi sentivo più fragile. Invece ho spesso incontrato persone che cercavano di buttarmi giù, dicendo frasi come: “Non sarai mai nessuno nella vita” oppure “Non puoi fare la modella, guarda come sei”.

francesca no limits

Quelle parole fanno male, perché sono una negazione della mia identità e dei miei sogni. Ma, nonostante tutto, non mi hanno fermatә, anzi: sono diventate la spinta per dimostrare il contrario, non solo per me, ma per chiunque si senta giudicatә o messo da parte.

Francy cosa ti auguri per il futuro? E cosa auguri a chi ti ama e a chi ancora non ti ha compreso?

Per il futuro mi auguro di trovare il mio posto nel mondo della moda, di poter essere parte di una rivoluzione che renda questo settore più inclusivo, più vero e rappresentativo di tutte le persone. Voglio essere un simbolo per chi si sente escluso, per chi pensa che non ci sia spazio per sé stessә e dimostrare che ogni corpo, ogni identità merita di essere celebrata e valorizzata.

A chi mi ama auguro di continuare a camminare al mio fianco, di vivere al meglio ogni istante e di sentirsi sempre liberә di essere sé stessә. A chi invece non mi ha compreso, non porto rancore: auguro loro di aprire la mente, di andare oltre le apparenze e di capire che la diversità non è un limite, ma una ricchezza.

Francy chiudi tu l’intervista

Lascio questa intervista con un invito:

Non fermatevi mai all’apparenza. Andate oltre i confini delle vostre convinzioni, perché dietro ogni volto, ogni corpo, c’è un cuore che batte e dei polmoni che respirano, proprio come i vostri. Siamo tuttə unici, ma è proprio questa unicità che ci rende umani. L’uguaglianza inizia quando ci riconosciamo in questo“.

Francy


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