Oggi, 3 dicembre, si festeggia in tutto il mondo la Giornata internazionale delle persone con disabilità, una giornata importante perché pone l’accento su un diritto irrinunciabile di ogni essere umano: l’abbattimento di qualunque barriera. Non solo quella architettonica (la più visibile) ma anche quella sensoriale, cognitiva, culturale. E lo slogan scelto, “Un giorno all’anno tutto l’anno”, non è casuale perché vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sul riconoscere a tutti gli uomini gli stessi diritti e doveri, e vuole sottolineare l’importanza dell’integrazione e dell’inclusione.
Quasi a dire, in un anno tutto può accadere e tanto si può fare, ma… se si guarda “nelle vite altrui”, ci si rende conto che si è ancora lontani dal rendere ciò una realtà consolidata: così è nel lavoro, nella scuola, nella sanità. La vita per i disabili è dura, piena di insidie e difficoltà, spesso sono soli e questo in un mondo che si “definisce” civile non è accettabile!
Non si possono accettare gli ultimi dati dell’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite). Si stima che in tutto il mondo siano circa 1 miliardo le persone affette da una o più disabilità e che fra queste, 240 milioni sono bambini e ragazzi. Senza dimenticare che il 46% delle persone anziane (di età pari o superiore ai 60 anni) sono disabili, gli stessi che sono stati decimati dal Covid in questi tre lunghi anni.
Eppure parole come inclusione, integrazione, inserimento non sono nuove nel nostro vocabolario, si sono affacciate nelle nostre vite più di vent’anni fa, quando l’ONU nel lontano 1975 incoronò il 1981, Anno internazionale delle persone disabili, invitando gli Stati membri a ideare un piano d’azione che avesse come obiettivo la prevenzione, la riabilitazione e le pari opportunità dei disabili. (Il tema di quell’anno fu il seguente: Piena partecipazione ed uguaglianza). E per dare agli Stati membri il tempo di concretizzare le attività raccomandate, l’Assemblea proclamò il Decennio delle persone disabili delle Nazioni Unite (1983/1992), terminato il quale annunciò, con la risoluzione 47/3, la Giornata internazionale della disabilità. Accolta l’anno dopo anche dall’Unione Europea.
E da allora, ogni anno i temi cambiano e quest’anno il tema scelto dalle Nazioni Unite, in linea con l’Agenda 2030, è quello della tematica dell’innovazione e delle soluzioni trasformative per uno sviluppo inclusivo. Tre sono gli argomenti di discussione e confronto:
- l’innovazione per lo sviluppo inclusivo della disabilità nell’occupazione;
- l’innovazione per lo sviluppo inclusivo della disabilità nella riduzione della disuguaglianza;
- l’innovazione per lo sviluppo inclusivo della disabilità: lo sport come caso esemplare.
E l’Agenda 2030, come ha ribadito l’ONU, “si impegna a non lasciare nessuno indietro. Le persone con disabilità, tanto come beneficiari che agenti del cambiamento, possono tracciare velocemente il processo verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile, e promuovere una società più giusta per tutti, includendo in questo processo anche la riduzione del rischio di disastro, l’azione umanitaria e lo sviluppo urbano. I governanti, il mondo accademico e il settore privato hanno bisogno di lavorare come un’unica squadra”.
E allora è tempo di diventare un’unica squadra e riconoscere a tutti uguali diritti e possibilità, senza più distinguere fra chi è disabile e chi non lo è. Anche perché, detto fra noi, siamo così sicuri di essere così “normali”? Ognuno di noi vive la propria vita facendo i conti con i propri limiti e le proprie disabilità.
Noi della redazione di Montascale Amico, vogliamo lasciarvi con una frase che Antonio Guterres ripete spesso quando si parla di disabilità: “La pietra angolare di questa cooperazione deve essere la partecipazione attiva delle persone con disabilità nella loro piena diversità e la loro inclusione in tutti i processi decisionali”.